20. ott, 2022

IL CARATTERE COLLETTIVO DEL LAVORO CULTURALE

La realtà è complessa, non c’è niente da fare, ci dobbiamo arrendere. Noi, in tutti in modi, cerchiamo di semplificarla ma essa sfugge alla nostra comprensione, non ci sta e ogni volta scappa via. Ma, per cominciare, non possiamo che partire da una domanda: che cos’è la realtà? E qui si apre una storica diatriba tra le due correnti fondamentali del pensiero umano (l’idealismo e il materialismo) che non vogliamo nemmeno sfiorare anche se non neghiamo che la nostra è una visione materialista. La realtà è sostanzialmente RELAZIONE. Tra gli uomini, tra questi e il resto del mondo animale e vegetale, con l’ambiente, con la nostra Terra che ci ospita e tra la Terra e gli altri oggetti dell’Universo. Se vogliamo scendere nella sua dimensione più minuta essa, la realtà, come ci indicano le più recenti teorie della fisica, è la relazione tra i vari campi che, in un brodo caotico e primordiale, determinano le particelle elementari e le innumerevoli relazioni tra queste. Insomma se c’è una parola che può definire meglio di altre la realtà questa è RELAZIONE. La realtà non è altro che queste relazioni e se vogliamo conoscerla, seppur anche solo parzialmente, dobbiamo imparare a indagarle. Ma queste sono infinite, contradditorie, complesse, non sono mai assolute ma dipendono dal sistema di riferimento usato, insomma il processo di conoscenza è un compito arduo e faticoso, certo non semplice e lineare. Soprattutto è una continua approssimazione al vero (o al bello), magari sempre più profonda, dove il vero e il falso convivono e dove il dubbio è il faro che guida la ricerca.

Tutto questo per dire cosa? Che il percorso per arrivare al vero (o al bello) è fatto di contraddizioni e che ogni volta, per fare un salto di conoscenza, c’è bisogno di una sintesi che non è mai “mediazione” bensì un superamento della contraddizione attraverso un criterio di verità (o bellezza). Può “l’individuo” isolato (vero moloch dell’attuale società iper-liberista), il “genio”, il “talentuoso” assolvere a questo compito? No, troppo complesso è il campo di indagine e nessuno, da solo, può riuscire a coglierlo nella sua interezza e neanche nella sua parzialità. Infatti, oggi, la ricerca della conoscenza (leggasi il lavoro culturale), da quella scientifica a quella sociale, da quella economica a quella politica fino ad arrivare a quella artistica, è collaborazione tra “individui”. Insomma è un processo collettivo d’una comunità specialistica (le università) e talvolta anche di una più grande comunità sociale (la classe) e solo questo carattere collettivo può raggiungere la ricchezza della conoscenza. La dimensione collettiva è la sola in grado di governare la contradditorietà del reale perché in essa si confrontano/scontrano le diverse posizioni (i diversi strumenti di interpretazione e misura), le diverse sensibilità e le diverse libertà (di pensiero).

E veniamo a noi: svolgiamo, quali editori, un lavoro culturale e allora non possiamo non porci alcune domande: 1) come si configura, nella moderna società capitalistica, il lavoro culturale nell’interpretazione della complessità? 2) la letteratura produce conoscenza? 3) quali sono gli strumenti da utilizzare? Alla prima domanda rispondiamo con un’acquisizione ormai riconosciuta da tutti o quasi: nella moderna società il lavoro culturale è stato sussunto quasi completamente dal processo di produzione di valore del Capitale. Non esistono più gli intellettuali novecenteschi ma una massa di lavoratori culturali (per di più proletarizzati) che producono “merci” (ad es. moda, design, finanza, marketing, etc…), che non lavorano più, quindi, con idee ma con “cose” seppur immateriali. Al massimo lavorano alla produzione di idee che danno forma agli strumenti egemonici della classe dominante (Informazione, media, scuola, università, etc…). Alla seconda domanda rispondiamo che, certo, la letteratura può essere un processo di conoscenza ma alle seguenti condizioni: a) che sia in grado di cogliere (e voglia) la complessità della realtà e la sua conseguente contradditorietà b) che parta da un rapporto stretto con la realtà sociale e con i contenuti che essa esprime in un processo di osmosi continuo (verso l’idea d’un “autore collettivo”) in grado di rompere il velo di mistificazione del pensiero unico riconoscendosi in una parte.

 La risposta alla terza domanda, allora, appare assai semplice, quasi banale: solo la dimensione collettiva del lavoro culturale produce la ricchezza in grado di raggiungere il vero e il “bello” e solo le diverse competenze, sensibilità, sensazioni e desideri, confrontandosi e scontrandosi all’interno della stessa parte, intesa come l’ancora che si oppone ai marosi pericolosi del relativismo, sono in grado di produrre quella ricchezza necessaria per capire il mondo.
 
Il collettivo editoriale delle Edizioni del Mondo Offeso
Collettivo da “colligere” raccogliere verbo latino che a sua volta viene da “cum legere” e ci parla dell’essere insieme, del raccogliere ma anche del leggere.

Il collettivo delle Edizioni del Mondo Offeso è nato sotto il segno del NOI.
2020. Pandemia. Ognuno chiuso in casa col suo IO malato. Tanta sofferenza, tanti inutili canti ai balconi, tanta disperazione. Eppure, intorno alla Libreria del Mondo Offeso si crea subito un gruppo di riflessione, dibattito, condivisione e non di chiacchiere né di ricette per la pizza ma di cibo per la mente e l’anima: cultura, arte, letture e libri, come un grande focolaio per riscaldare le menti. Il grande cerchio del NOI prende forma prima in un “foglio”, chiamiamo così il tessuto di testi e immagini corsari creati a più menti e penne durante alcuni mesi.
2021 . Aprile. Primavera. Nasce quasi naturalmente l’idea di un collettivo-casa-editrice: le Edizioni del Mondo Offeso. Forse l’idea non è nuova ma la realtà si.
Ottobre 2022. Due libri pubblicati, particolari, importanti, non omologati, da leggere, da capire: Senza una stella sopra la testa di Giovanna Vignato e Il tempo non ha una storia di Ivan Bormann.

Come ci siamo arrivati? Facendo operare il NOI ad ogni momento, dalla ricezione del manoscritto alla stampa vera e propria del libro. Chi scrive e vuole essere pubblicato ma soprattutto pensa, come noi, che la letteratura è un prezioso strumento per capire il mondo e forse cambiarlo, quando ci invia il suo manoscritto, ha la certezza che il suo testo sarà letto integralmente e collettivamente perché anche la lettura è attività plurale. La lettura solitaria di un libro è pura illusione. Qualsiasi lettura (come qualsiasi scrittura), è, alla base, informata – e arricchita - da tutti i testi letti da noi e dagli altri. In secondo luogo, il manoscritto lo studiamo, collettivamente. Lo studiamo sotto tutti i punti di vista, con impegno, interesse, curiosità, come fonte di potenziale arricchimento del pensiero e della sensibilità contemporanei. Fonte di domande, di inquietudine, non di soluzioni sedative per adattarsi al “mondo come va” perchè il mondo va male, crediamo. Pertanto non diamo niente per scontato e niente è mai scontato quando il collettivo scompone, vaglia, discute, riflette, scrive, dopo scambi, scelte, ripensamenti, e poi decisioni. E ci sembra naturale che gli autori vengano coinvolti in questo processo/progresso di domande, precisazioni, suggerimenti contribuendo anche loro al lavoro collettivo. Tale approccio è una garanzia per evitare che un’opera si impoverisca se lo si trasforma nell’ennesimo prodotto dell’industria culturale standardizzata che insegue illusori gusti del pubblico i quali, come per qualsiasi altra merce, vengono indotti dalla cultura dominante.

L’incrocio e l’intreccio delle visioni di ogni componente delle Edizioni del Mondo Offeso, le sue esperienze, il suo vissuto permettono di mettere l’opera al centro e farne emergere l’aspetto collettivo e non soltanto pubblico, perché un autore/un’autrice deve trovare dei lettori non dei consumatori “cartafagi”. Gli approcci intellettuali ed emotivi molteplici, multidimensionali, le letture e riletture diverse e originali dei testi, i collegamenti con quanto stiamo vivendo sono certamente per noi una ricchezza ma lo sono e lo saranno anche per chi ci sottopone il suo manoscritto che si troverà coinvolto in un processo di scambio dialettico e non di fredda valutazione critica. Dal lavoro sul testo fatto dal collettivo con la molteplicità dei giudizi e reazioni si prefigge il futuro del libro.

La nostra è una scelta agli antipodi dell’esaltazione esasperata dell’io-creatore ma crediamo che il nostro modo di interrogare i testi, di sondarli collettivamente e non di percorrerli, di pensarli in modo responsabile ad ogni tappa del processo che li porterà a essere libri, di seguirli con cura e anche passione sia una ricchezza.